Luoghi inclusivi: la scenografia di ogni esperienza

Diversità, inclusione e trasformazione dei valori aziendali in azioni concrete: ecco un esempio di come la progettazione degli spazi può promuovere il benessere collettivo.
Cover Progetto LOS
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Inclusivo o esclusivo: racconti dell’abitare

In questa intervista BMI Italia si pone l'obiettivo di esplorare le tematiche di diversità e inclusione e trasformare i valori aziendali in azioni concrete, volte a promuovere un impatto sociale duraturo e una relazione responsabile con l’ambiente e le persone. Ne parliamo con l’architetto Sophia Los, architetto e paesaggista. Sophia ha fondato SOL, un gruppo multidisciplinare che progetta luoghi a diverse scale, attorno alla vita che ospitano, secondo un atteggiamento naturalmente ecosostenibile e inclusivo.

Su quali aspetti dovrebbe soffermarsi un atteggiamento inclusivo?

Abbiamo tutti gli stessi bisogni primari: relazioni affettive, cibo, salute, riparo, realizzazione di desideri e talenti.  Ma, quali relazioni affettive? che tipo di cibo, di riparo? Come mantenere la salute e realizzare desideri? Bisogni e desideri rispondono a contesti differenti e richiedono risposte specifiche.

Il primo atteggiamento è l’ascolto. La soluzione, il progetto, emerge solo dopo aver accolto bisogni e desideri, vincoli e opportunità. Inserire il concetto di inclusività implica innanzitutto sviluppare una capacità di ascolto. Significa essere in grado di gestire la complessità traducendola in un progetto che nasce da un contesto, affidandosi al pensiero divergente, all'immaginazione e poesia, alla capacità di problem solving, facendosi tramite e non protagonisti. 

Il mestiere dell'architetto e del progettista in generale è quello di un regista che compone gli spazi immaginando l'esperienza che ospiteranno: la narrazione dell'abitare. Come architetto, al primo incontro con un committente, pongo un ricco questionario per  ascoltare identità, bisogni, desideri.

Concept  Parco Rossi

Le interviste di BMI: chi è Sophia Los

Sophia Los

Sophia Los, architetto e paesaggista. Sotto il nome SOL, lo studio progetta paesaggi e luoghi a diverse scale - attorno alla vita che ospitano, a partire dai gesti che ispirano - secondo un atteggiamento naturalmente ecosostenibile che integra tradizione e innovazione. Il filo d'Arianna che da cento anni tesse la storia sempre attuale di architettura e design, in famiglia e con nuovi compagni di viaggio.
Progetti, didattica e formazione sono strumenti per esplorare la vita attraverso gli spazi abitati. Nel 2012 (2° ed 2014) pubblica con List, il libro “Una vita in tandem. Ecologia come sentimento”.
E’ associata all’Istituto Nazionale di Bioarchitettura e all’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Attualmente è tesoriere della Sezione Triveneto Emilia Romagna.
Dal 2008 Tiene corsi che accostano al tango argentino discipline marziali con Stefano Gambarotto e con il quale fonda Bi-tango.
Sta debuttando con il racconto/spettacolo dedicato a un pubblico di ragazzi e adulti: “La seconda conferenza degli animali e il Grande Algoritmo”, che ha scritto e illustrato, accompagnato dalla chitarra di Alessandro Colombo.

“La narrazione dell’abitare”: immagini quindi il progetto di architettura come un romanzo o un film?

Un edificio è come la scenografia di un film, è complice delle esperienze che ospita. Qualsiasi spazio, interno o esterno, privato o collettivo, dalla stanza alla piazza, ospita relazioni tra persone e governa il microclima che deriva dal suo rapporto con l'ambiente naturale. Per scrivere la sceneggiatura è importante disporre della scenografia adeguata. Se pensiamo al film, teatro o pubblicità, possiamo accorgerci quanto i luoghi siano scelti accuratamente per comunicare stati d'animo e valori.

Così è nella realtà, anche se spesso non ce ne rendiamo conto.

Un edificio ospita sempre una comunità, anche se fosse realizzato per un singolo. Modifica il territorio e diventa parte del paesaggio: il paesaggio è un bene comune.

L'abitare mette in scena un modo di vivere, personale o collettivo. Quale sia il contesto confortevole per ognuno emergerà da un dialogo, aiutando le persone a porsi e a porci alcune domande, in questo modo diverranno interlocutori attivi. Ho notato come tutti diano per scontati certi aspetti, ma non lo sono affatto. Pensando che gli altri siano come noi ci dimentichiamo di esprimere i bisogni che riteniamo universali e non lo sono affatto. Ecco che la consapevolezza della propria identità diventa strumento fondamentale per comprendere quanto l'inclusione coinvolga direttamente noi stessi.

Hai parlato di personalizzazione e inclusività: sono due aspetti dello stesso tema secondo te?

Sicuramente la personalizzazione, disponibile principalmente a fasce più agiate della popolazione, è un aspetto che potrebbe generare inclusività. Ma spesso non riguarda l’intera popolazione. Spesso si tratta di dettagli estetici, non di stili di vita che vadano nella direzione della coesione e dell'integrazione sociale. Sono generalmente legate all’espressione di uno spiccato individualismo, che è il contrario dell’inclusività, sono esclusivi.
Dividono invece che riunire. 
La nostra società soffre di un triste individualismo, cui segue il senso di solitudine. Individualismo e solitudine generano una grave perdita di vitalità, come qualsiasi habitat naturale dimostra in modo evidente.
Come vedi lo stesso principio può portare a esiti diametralmente opposti.  Esistono ambiti differenti di diversità per i quali è utile sviluppare strumenti specifici.

Stai affrontando progetti di inclusività?

BMI Italia può supportarti nella progettazione e tenerti aggiornato sulle novità legate al mondo dell'architettura inclusiva. Lasciaci il tuo punto di vista.

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progettare inclusione

Un atteggiamento inclusivo riguarda anche l’accessibilità?

Stiamo fin qui genericamente affrontando differenze di gusto, di genere, di cultura, di età, differenze sociali e etniche, ma esiste un ulteriore ambito fondamentale che riguarda le condizioni di abilità e di salute.

Un ulteriore passo riguarda la cosiddetta accessibilità: ovvero spazi fruibili in caso di deambulazione su ruote, vista ridotta o assente, udito compromesso, difficoltà cognitive. Nella vita a ognuno di noi può capitare temporaneamente qualche difficoltà, per molte persone è una condizione costante.

In genere vengono predisposti dispositivi dedicati che disturbano la poesia dei nostri progetti, per sottostare alle normative che impongono vincoli e attrezzature per superare barriere architettoniche e dell'esperienza. Di malavoglia accettiamo queste disposizioni. La tecnologia come sempre trova una soluzione. Una soluzione che ci consenta di eludere il problema. 

Una disabilità appare evidente solo se il progetto non l'ha prevista. Possiamo mettere a disposizione competenze e talenti per risolvere tramite il progetto in modo integrato le necessità di chi già tutti i giorni affronta i limiti dettati dalla sua condizione senza che la diversità sia sfacciatamente un peso per la comunità?

Quindi il progetto ricopre un ruolo cruciale, hai qualche riferimento da consigliare?

Si chiama Design for All, o Universal design l'atteggiamento progettuale inclusivo, con l'obiettivo di cercare soluzioni che siano adatte a ognuno. Si intende una progettazione che sia adatta e tutti, con o senza difficoltà, senza discriminazione. 

E’ uno sforzo di immaginazione ma arricchisce. Per esempio, posso consentire il superamento di un dislivello installando un servoscala, oppure progettare una rampa integrata a una scalinata come tema compositivo, non come ripiego. Spesso siamo pigri e dimentichiamo quanto la ricerca progettuale offra strumenti per risolvere per forma molti temi complessi. Se non inseriamo parametri relativi all’accessibilità in fase progettuale dovremo poi integrare con macchinari.

Rampa accessibile

Fonte https://www.scaleperdisabili.com/

Rampa accessibile

Fonte https://www.scaleperdisabili.com/

Lo stesso vale per l’ambiente: la progettazione bioclimatica affronta il contesto e prevede edifici ben orientati in grado di rispondere alla climatizzazione invernale ed estiva, alla qualità dello spazio e della vita nei quali la tecnologia interviene solo in minima parte a compensare dove la progettazione non riesce ad arrivare. Compensare, non sostituire l’immaginazione.

Ancora una volta inclusività ed ecologia sono insieme, lo sono perché riguardano la vita. Dobbiamo riportare la vita al centro, la relazione tra luoghi e persone. Restituire la priorità al vivente, ciò che cresce. Ora siamo concentrati sul costruito, che è inorganico. Si tratta di restituire alla nostra stessa vita la complessità di cui è caratterizzata, senza cercare scorciatoie. Serve un approccio multidisciplinare, molti sguardi che insieme progettano.

Ci porti qualche tuo esempio?

Parco Rossi**, un progetto che ha coinvolto un vasto gruppo di competenze diverse e complementari: è un giardino romantico situato alle pendici del monte Summano, a Santorso, nell’alto Vicentino. Il giardino è l’elemento cardine di un sistema complesso che comprende la villa con relativo parco – a monte – e il podere modello, a valle. Una declinazione dell’identità mediterranea, dettata da specifiche culturali e climatiche. 

Mappa Parco Rossi

Il nostro progetto riguardava il sistema di comunicazione e 19 racconti audio tematici con beacons bluetooth secondo un approccio inclusivo. 

Nello specifico il progetto comprendeva i contenuti della narrazione, scritti assieme a Agata Keran, Carlo Presotto, Paola Rossi e sottoposti alla Prof.ssa Cardinaletti dell’Università di Ca’ Foscari per verificare fossero di semplice comprensione. La narrazione prevedeva tre argomenti – storia, acqua e alberi – disponibili in tre lingue, italiano, inglese e LIS. Era accessibile tramite app in corrispondenza di una serie di tappe disposte lungo 2 percorsi. 

Parco Rossi

Accanto alle storie ci siamo dedicate agli strumenti utili al sistema di visita. All’ingresso abbiamo previsto una mappa di orientamento per accogliere i visitatori, presentare il parco e comunicare il sistema di visita multimediale con le istruzioni d’uso integrando: orientamento funzionale, comunicazione di contenuti, coinvolgimento dei visitatori e massima fruibilità possibile. La mappa era multimodale e multisensoriale, tattile e visiva, fruibile con il supporto di una app/audioguida per chi ne avesse bisogno. 

Parco Rossi inclusivo

Il parco presenta alcune zone pianeggianti e altre in pendenza, sentieri che si inoltrano tra gli alberi. Abbiamo chiamato Filo di Arianna, il percorso più facile – accessibile a tutti, e Labirinto quello più misterioso e impervio.

Un tema importante da risolvere era facilitare la cognizione spaziale. Cercando uno strumento di “wayfinding” abbiamo osservato la configurazione del Parco e disegnandone i contorni è emersa una figura, quasi fosse in attesa solo di essere svelata: un drago. Il bestiario appartiene all’immaginario colto dell’epoca.  ARAC –  il bestiolo – accompagna e guida il visitatore. Questo è stato l’aspetto più spettacolare del progetto, è stata una sorpresa innanzitutto per me, quando ho visto emergere quella figura, mentre percorrevo con la matita i contorni del parco!

Il progetto era basato su inclusività, partecipazione e condivisione. L’esperienza empatica con il luogo genera desiderio di conoscenza, può renderlo attuale per un pubblico diversificato, implementare il valore del bene comune, attivare senso di appartenenza e di cura. 
Vi consiglio una visita, se vi trovate nei dintorni!

** Parco Rossi è un progetto realizzato dal Comune di Santorso e co-finanziato dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) della Regione Veneto e il contributo di Cooperativa Sociale Nuovi Orizzonti. Il progetto è stato presentato in vari convegni e di recente è stato implementato da un videogioco curato da Diana De Tomaso con La Piccionaia, Santorso Progetto GATE per turismo inclusivo, un Interreg italia-Austria Ue.

La progettazione degli interventi e il coordinamento dei lavori sono stati curati dall’architetto Renzo Priante. Il progetto drammaturgico è stato realizzato da La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale. L’equipe multidisciplinare che ha curato i testi è composta da Paola Rossi, drammaturga, Agata Keran, storica dell’arte, Sophia Los, architetto, Diana De Tomaso, sociologa, ed è stata coordinata dal regista Carlo Presotto. Il sistema di comunicazione integrato e multisensoriale è stato curato curato da Make It Easy – Progettazione per l’accessibilità con Sophia Los, architetto e paesaggista, per la progettazione e la direzione d’opera, e da Diana De Tomaso, sociologa, per la progettazione e il coordinamento del network. Hanno collaborato Veasyt srl per la traduzione in LIS, la registrazione e la post-produzione dei 19 video inseriti nella App Ubiika, l’Associazione Lettura Agevolata Onlus con Erika Cunico per le rappresentazioni tattili, la guida alla lettura tattile e la consulenza sulla leggibilità testi, Damasco Studio con Manuel Cuman per il progetto grafico e i disegni esecutivi, e Tactile Vision Onlus per la stampa visiva e tattile della mappa d’orientamento multisensoriale. La comunicazione è stata curata da Studiomama.

Consulenze: Davide Ceccon,  fumettista, consulenza per ARAC, Arch. Stefano Maurizio, consulenza accessibilità motoria per leggio, Arch. Lucia Baracco, consulente e test ipo-vedenza per Mappa.
www.studiosol.it/
www.studiosol.it/parco-rossi/

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