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Tutti quanti abbiamo sentito ripetere incessantemente, negli ultimi mesi, l’espressione “distanziamento sociale” (forse più corretto nella formula “distanziamento fisico”).
Un concetto che ha ricordato a tutti quanto siano frequenti certe condizioni di sovraffollamento e di concentrazione eccessiva di persone ed attività (anche nocive) in luoghi unitari, osservabili con grande evidenza tanto negli spazi pubblici quanto in quelli privati e spesso determinate da logiche economiche e di mercato.
Non sempre è stata attribuita la giusta importanza alla realizzazione di nuovi ambiti verdi urbani: i lotti vengono sfruttati generalmente per definire nuovi quartieri urbani, a scapito della salute, della salubrità dell’habitat urbano, delle attività ricreative, sportive e di svago all’aperto, del gioco dei bimbi. Molte delle abitazioni più recenti sono state concepite secondo criteri minimal di rispetto degli standard, con ambienti e spazi spesso limitati nelle superfici.
Il Coronavirus ha fatto esplodere questa situazione e le critiche annesse: ci ha mostrato con grande evidenza l’importanza della casa e del suo intorno aperto, la necessità di vivere in spazi confortevoli in termini di ampiezza e di qualità abitativa e ha richiamato la necessità di nuovi contatti con l’esterno.
Ecco che se da tempo si parlava di revisione degli spazi urbani e di quartiere, forse è arrivato il momento di farlo davvero, con nuove politiche urbane, più attente alla salute, alla mobilità, alle diverse modalità di verde, alla qualità, ai servizi: concetti che riguardano la nostra identità sociale ed il benessere personale e della collettività. Con la pandemia ci siamo accorti del loro ruolo perché abbiamo iniziato a rifrequentare i parchi ed i giardini. Abbiamo rivalutato i terrazzi, i balconi, i cortili, che da tempo non usavamo più. Ed abbiamo “messo mano” alla svelta alle seconde case, sempre preferite da mete più esotiche, ma in fase pandemica più comode e magari con un po’ di prato.
Anche in città è stato esteso all’esterno tutto il possibile: bar, ristoranti, negozi hanno cercato uno sfogo con dehors, vetrine, estensioni sotto i portici. La casa ha fatto altrettanto, attraverso l’utilizzo di logge, porticati, ballatoi, balconi.
Ci si è resi conto, come un tempo avveniva nelle residenze extraurbane, quanto sia salutare, e piacevole il dialogo che l’interno intesse con l’esterno, anche solo attraverso ampie finestrature ed aperture.
Non è certamente eccessivo parlare di “rivoluzione del concetto di casa”: questo, lungamente dibattuto in molti ambiti, potrà portare a nuovi modi di vivere, che si spera possano confermarsi nel tempo ed hanno a che fare con alcuni principi che possiamo provare ad enunciare.
Se ci riferiamo a realtà plurifamiliari si è preso atto della necessità di disporre di spazi privati più ampi e flessibili: gli arredi ci possono aiutare a modificare rapidamente i luoghi domestici in luoghi lavorativi. E’ evidente che l’home working e lo smart learning, oggi tanto criticati per un eccesso di utilizzo, diventeranno più comuni e frequenti. Da tempo le aziende sperimentavano “il lavoro da casa” anche saltuario, perché molti sono i vantaggi. Se in un primo momento ci siamo smarriti in questo eccessivo isolamento, abbiamo faticato a distinguere i momenti del lavoro da quelli del riposo, ci siamo confrontati con la difficoltà di concentrarsi a casa per svolgere quelle attività che normalmente espletavamo a scuola, in Università o in ufficio, abbiamo tuttavia valutato positivamente il tempo prima sprecato in coda in tangenziale o nel traffico cittadino, la riduzione dei costi di trasporto e goduto del lavoro “comodo” in un luogo generalmente confortevole e tranquillo. Si stima che queste modalità permarranno.
Sarà fondamentale:
disporre di spazi comuni, ampi, da utilizzare collettivamente ma anche da sanificare facilmente, all’occorrenza;
fruire di cortili e aree verdi pertinenziali;
accedere facilmente alle connessioni tecnologiche, senza le quali oggi siamo tagliati fuori da tutto.
Analoga attenzione è convogliata sulla casa, a cui nuovamente si attribuisce il ruolo di “nido”, rifugio: quello spazio confortevole e sufficientemente ampio che genera benessere psichico e fisico. Qualcosa di molto diverso dagli spazi dormitorio con cui troppi hanno dovuto confrontarsi, magari non potendo neanche sfogarsi in luoghi aperti vicini. Ma oggi la casa è anche l’estensione dell’ufficio o della scuola e di questo nuovo ruolo dobbiamo tener conto.
Per questo la casa deve essere organizzata e flessibile: essere caratterizzata da spazi differenziati per lavoro e svago e, quando non possibile, dotata di flessibilità organizzativa e modularità tali da consentire delle equilibrate modifiche di utilizzo, trasformandosi a seconda delle esigenze del momento e consentendo alle persone che vi abitano di svolgere le proprie mansioni senza disturbo reciproco.
Disporre poi di un piccolo (o grande) spazio aperto pertinenziale è tornato vitale: in città i balconi e i terrazzi realizzano una versione solo più contenuta ma ugualmente necessaria.
Che dire poi del comfort? Luoghi in cui la qualità dell’aria, le condizioni di temperatura giuste in funzione della stagione, dell’umidità e del silenzio sono condizioni imprescindibili.
Oggi disponiamo di conoscenza tecnica, normative di supporto, materiali e soluzioni tecnologiche atte a configurare nuove abitazioni in linea con questa nuova cultura abitativa, dove abitabilità, vivibilità, funzionalità, disposizione, esposizione ed orientamento possono definirsi con grande accuratezza; analogamente possiamo intervenire sugli edifici esistenti, trasformandoli in moderne e confortevoli abitazioni.
A casa si deve stare bene e si sta anche meglio se disponiamo, come già detto, di spazi esterni. Questi ci aiutano a vivere armonicamente, a godere dei momenti liberi ma anche a condurre un minimo di attività fisica per compensare le lunghe ore passate alla scrivania. E possono diventare anche luoghi di gioco e ricreazione.
Spesso abbiamo sottovalutato il tetto come luogo fruibile: in genere è un luogo di cui ci dimentichiamo, dove non andiamo, che richiede solo manutenzione.
Ma il tetto può essere molto altro, specie se piano.
Durante la pandemia molti condomini si sono ricordati della sua presenza ed hanno iniziato a frequentarlo. Si può pensare di “rivederlo funzionalmente e costruttivamente” per utilizzarlo permanentemente come spazio accessorio pertinenziale, rendendolo bello e funzionale.
Possiamo innanzitutto efficientarlo energeticamente se al di sotto si estendono delle abitazioni, rendendole così più confortevoli e meno energivore.
Ma possiamo anche utilizzarlo non solo come “spazio tecnico” in cui trovano luogo condizionatori, torrette di ascensori e via dicendo. Sul tetto, talvolta anche ampio e protetto, possiamo infatti definire:
terrazze vivibili
luoghi ricreativi per giochi e sport (ping pong, ginnastica, fitness, …)
spazi relax, lettura, ascolto musica
giardini
orti domestici
Organizzando queste attività non solo disponiamo di ulteriori spazi vitali effettivi, ma determiniamo degli assetti formalmente più invitanti e piacevoli, silenziosi, lontani dal traffico.
Del beneficio del verde in copertura, poi, abbiamo scritto moltissime volte, ricordando il miglioramento microclimatico, energetico, di assorbimento degli agenti inquinanti, della mitigazione delle azioni meteoriche che rivestono.
Il tetto può essere dunque un luogo di svago, di contatto con l’ambiente e di relazioni; inutile dire che anche il mercato immobiliare sta premiando nuovamente le case in campagna, negli anni passati snobbate perché lontane dai servizi e necessitanti di elevata manutenzione. Il verde in copertura costituisce una valida alternativa, consente di rispondere adeguatamente a queste “nuove” necessità abitative e aumenta il valore immobiliare della tua casa.
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