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Per progettare adeguatamente quanto deve essere predisposto in copertura, che si tratti di una copertura continua o discontinua, occorrono competenze differenti. Ci si deve infatti confrontare con:
la normativa vigente: quella nazionale e quella regionale specifica, se presente, ma anche con le disposizioni di natura tecnica legate alle soluzioni da prevedere (le numerose normative UNI di settore, a cui ci si deve attenere);
le disposizioni locali: un esempio tra tutti riguarda le indicazioni che possono riguardare beni culturali od edifici di particolare interesse storico/architettonico, per i quali l’Amministrazione potrebbe aver disposto criteri di particolare attenzione estetica;
la natura statica della struttura a cui ancorare i dispositivi (eventuali verifiche statiche preliminari, prove a strappo degli ancoraggi, calcoli dimensionali);
la documentazione tecnica a corredo dei dispositivi individuati (schede tecniche, modalità di posa...);
le peculiarità del luogo.
A fronte di questo è necessario affidarsi ad un progettista di comprovata esperienza, generalmente uno strutturista, che saprà valutare ogni singolo caso e produrre la relativa documentazione, che dovrà essere:
disposta a servizio di chiunque opererà in copertura (impiantisti, elettricisti, manutentori, artigiani…);
fornita al proprietario dell’immobile (che a sua volta la trasferirà agli eventuali proprietari successivi);
alla Pubblica Amministrazione, con un elaborato specifico, comunemente denominato ETC, che lo richiede prima dell’inizio dei lavori che si intendono realizzare sul tetto.
Un buon progetto di sicurezza in copertura necessita della più completa ed esaustiva conoscenza del luogo, quindi un accurato sopralluogo permetterà di valutare:
accessi all’edificio nella sua interezza (presenza di scale, larghezza delle aperture…)
interferenze con terzi (presenza di eventuali persone che transitano abitualmente ad esempio in centri abitati, …);
spazi di transito (percorsi, collegamenti, corridoi che portano dall’interno alla copertura o loro eventuale assenza);
accessi sul tetto: diretti (abbaini, lucernari ..) o esterni, qualora si evidenzi la necessità di individuare luoghi di accesso dall’esterno dell’edificio;
stato di conservazione della copertura (eventuale degrado del manto, scivolosità delle superfici impermeabilizzanti sui tetti piani…);
caratteristiche geometriche del tetto: pendenze più o meno accentuate, presenza di dislivelli e di discontinuità, contropendenze ma anche assenza di parapetti nelle coperture continue;
natura statica: potremmo essere in presenza di strutture in laterocemento più o meno adeguatamente dimensionate ma anche di vecchi e sottili sistemi in pignatte e muricci o di strutture lignee degradate e strutturalmente non più idonee a nessun genere di ancoraggio, di travi ammalorate e vetuste, di parti del tetto sfondate…
orientamento, esposizione e climi locali che incidono sulle corrette modalità di permanenza in quota; pensiamo alla rugiada mattutina od alle falde esposte a nord in inverno;
vie di accesso ai mezzi di soccorso che devono essere chiaramente individuate per agire tempestivamente in caso di infortunio.
Il progetto dei dispositivi anticaduta, pertanto, prevede un’analisi a 360° e una grande conoscenza anche dei sistemi disponibili sul mercato.
Una volta effettuato il sopralluogo, il progettista dovrà disporre degli elaborati grafici della copertura: planimetrie e relativi prospetti e sezioni, per comprendere lo sviluppo tridimensionale delle falde e dei volumi, i dislivelli, le altezze dal suolo e le pendenze in atto.
Ricordiamo a tale proposito che il progettista può scegliere di privilegiare, in funzione della conformazione dell’edificio, due sistemi alternativi:
il sistema a trattenuta, i cui dispositivi impediscono all’operatore di raggiungere ed oltrepassare i bordi della copertura;
il sistema a caduta libera, che invece contempla la fuoriuscita oltre i limiti del tetto ed una caduta con arresto in sicurezza.
Nel caso di arresto di caduta, evidentemente, il progettista avrà preventivamente valutato lo spazio libero di caduta e l’assenza di elementi costruttivi (balconi, sporgenze, tettoie…) contro cui l’operatore potrebbe infortunarsi anche seriamente.
Tale spazio libero di caduta rappresenta la distanza verticale dal punto di caduta al punto di impatto. Al fine di garantire un arresto in condizione di sicurezza tale distanza deve risultare maggiore del tirante d’aria (ovvero la distanza minima libera entro cui il soggetto si arresta in sicurezza aumentata di un metro quale coefficiente di sicurezza previsto da norma).
A partire dagli elaborati grafici, il progettista disporrà dei seguenti elementi:
1) Schema di distribuzione dei dispositivi anticaduta
Lo schema di distribuzione dei dispositivi anticaduta deve evidenziare accessi, percorsi di arrivo ed interferenze con altri elementi.
Accessi in copertura
Gli accessi possono essere:
- interni (aperture orizzontali/inclinate o verticali), da privilegiare e in ogni caso caratterizzati da dimensioni minime: 70 cm di larghezza e 0,50 mq di superficie per aperture orizzontali/inclinate e 70 cm di larghezza per 1,20 m di altezza per aperture verticali;
- esterni, individuando la posizione più adeguata e sicura. Nel caso di impiego di scala a pioli questa dovrà essere necessariamente vincolata stabilmente all’edificio e conforme a quanto previsto dall’art.113 del T.U. 81/08 ss.mm e dalle vigenti norme tecniche in materia.
I percorsi di accesso esterno non sempre sono consentiti con scale mobili: sopra gli 8 m saranno da utilizzarsi scala fissa, piattaforma o ponteggi.
Percorsi di arrivo ai dispositivi principali
Il progetto deve prevedere un primo ancoraggio nelle immediate vicinanze (60 cm massimo) dallo sbarco in copertura, ovvero dal lucernario o dalla scala.
Attraverso sistemi puntuali posti ad una distanza non superiore ai 2,00 m si transita sulla copertura fino ad arrivare al sistema principale, generalmente posizionato in prossimità di colmi e displuvi.
I punti più estremi, che dovranno fermarsi a 2,00 m dai bordi, per evitare la caduta oltre il limite della copertura; questo per evitare la caduta e l’“effetto pendolo”, quel movimento oscillatorio, pericoloso se non si agisce immediatamente con i soccorsi, conseguente alla caduta dell’operatore imbracato.
Interferenza con altri elementi
L’interferenza con altri elementi presenti in copertura, quali pannelli solari termici o fotovoltaici, condizionatori, macchinari vari, che condizionano il transito e magari impediscono il raggiungimento di tutte le parti del tetto, che devono essere evidenziate in progetto in quanto non sicure.
2) Il Capitolato speciale
E' comprensivo dell’illustrazione di tutte le caratteristiche tecniche, dimensionali e di commercializzazione di ogni singolo prodotto previsto.
3) Il Computo Metrico di dettaglio
Comprende la quantificazione di ogni elemento relativo alla sicurezza, le relative soluzioni funzionali atte a garantire l’impermeabilità della copertura, gli ancoraggi definiti e gli accessori previsti (targhette, …)
4) Le Schede tecniche fornite dai produttori
Aspetto da valutare sempre con grande attenzione perché forniscono le risposte funzionali e relative alla posa.
5) Le Certificazioni del produttore
Le certificazioni garantiscono la rispondenza del prodotto alle vigenti normative.
I quattro punti sopra elencati rappresentano l’equivalente del “progetto di massima” in materia di sicurezza in copertura. Man mano che il progetto e l’iter amministrativo legato agli interventi da realizzare si approfondiscono, sarà necessario redigere ulteriore documentazione, tra cui:
l’ETC
relazioni di calcolo
eventuali prove in cantiere da stabilire su indicazione della D.L. o progettista strutturale. Sono da escludersi prove a carico dei dispositivi installati in copertura se non espressamente previste dal produttore dei sistemi stessi.
Tali elaborati, naturalmente, devono essere a firma di un tecnico abilitato.
La scelta dei dispositivi anticaduta è determinata da:
motivazioni estetiche (ad es. su immobili di pregio o tutelati la linea vita può essere più impattante e quindi si privilegiano, anche a seguito di precisa prescrizione normativa, sistemi puntuali, più discreti);
necessità strutturali: l’assenza di parti strutturali di adeguata sezione e consistenza potrebbe ad es. implicare l’utilizzo di dispositivi che richiedono una sezione di dimensione resistente più contenuta oppure la selezione di dispositivi deformabili anziché indeformabili, allo scopo di sollecitare meno la struttura in caso di caduta; in tali casi è determinante la valutazione con relativo riscontro progettuale da parte di un tecnico abilitato;
tipologia di manto di copertura (certi tipi di tegole/coppi necessitano di sistemi puntuali a cordino anziché a gancio o viceversa, altri abbisognano di calotte di fissaggio, senza contare i sistemi propri per soluzioni metalliche o in pietra)
Scarica la scheda tecnica di sintesi dei principali sistemi anticaduta che puoi prevedere nel tuo progetto.
Nei due semplici tetti a falde qui riportati molto tipici della nostra tradizione, uno dalla conformazione a capanna e l'altro a padiglione, l’accesso alle coperture è avvenuto attraverso dei lucernari preesistenti o previsti in progetto.
Da questi (le cui misure minime sono definite dalla legge), attraverso un piccolo percorso realizzato con sistemi puntuali, si arriva al sistema principale: nel primo caso definito da una breve linea vita (deformabile od indeformabile in funzione della tipologia di struttura e di necessità estetiche), nel secondo da un palo girevole fisso.
Come si evince dagli schemi, altri sistemi puntuali sono stati predisposti sugli spigoli per consentire la realizzazione degli interventi in tutta la superficie della copertura in trattenuta, evitando la caduta oltre il bordo nelle zone di spigolo ove sussiste un elevato rischio di effetto pendolo.
In altre situazioni è necessario prevedere uno sbarco esterno.
In questo caso dovrà essere prevista una scala da vincolarsi alla copertura in corrispondenza della quale è previsto un apposito dispositivo di ancoraggio a cui l’operatore dovrà collegarsi mediante un cordino UNI EN 354-355 prima di salire in quota. Successivamente, mediante manovre di aggancio e sgancio del doppio cordino, utilizzando gli ancoraggi di percorso, l’utente raggiungerà la parte sommitale.
Laddove esistono maggiori rischi di caduta con effetto pendolo, quindi in corrispondenza degli spigoli, l’operatore dovrà mantenere necessariamente il collegamento ai ganci principali al colmo, avendo cura di procedere al collegamento integrativo mediante cordino in corrispondenza dei punti di deviazione.
I medesimi principi fin qui esposti sono da intendersi estesi anche alle coperture di tipo piano o con andamento sub-orizzontale in quanto, come sancito dall’art.107 del D. Lgs. 81/2008 ss.mm, sono da intendersi come lavorazioni in quota tutte quelle situazioni in cui “il lavoratore si trova esposto ad un rischio di caduta superiore ai 2,00 m rispetto ad un piano stabile”.
Per una consulenza tecnica in merito ai dispositivi anticaduta ed al loro progetto vi invitiamo a scrivere a vitasafe@bmigroup.com.
Contatta il team BMI Expert. Sarai supportato nel progettare il capitolato tecnico utile per il tuo intervento.